Perché non ho firmato il Patto sulla famiglia

Perché non ho firmato il Patto sulla famiglia“Rispondo a quanti mi hanno chiesto in questi giorni perché non abbia firmato il documento che individua nella famiglia eterosessuale l’unica unione riconoscibile secondo l’ottica cristiano-cattolica.

La mia posizione personale è quella che ho sempre dichiarato: sono una donna eterosessuale e cattolica, credo nel significato etico, tradizionale, cattolico della famiglia e secondo questi dogmi ho vissuto la mia vita fino ad oggi.

Intimamente però sento che la firma di un Patto equivalga all’innalzamento di una barricata e, nei fatti, di una discriminazione nei confronti di chi ha necessità diverse dalle mie. Sono contraria ad ogni forma di intolleranza, di discriminazione, di emarginazione sociale a causa della mia “forma mentis”, dell’educazione che ho ricevuto e soprattutto del lavoro che ho svolto in questi anni attraverso numerose forme di volontariato.

Non faccio come Tripodi che firma il Patto e dice contestualmente: “Sono contrario ad ogni forma di discriminazione” perché l’espressione cerchiobottista evoca scelte originate dall’opportunità più che dalla convinzione. Mi chiedo se anche gli altri firmatari candidati (Calvi, Calandrini, Savastano, Tripodi, Chiarato, Lemma) abbiano assunto posizioni così intransigenti per garantirsi i voti di una fetta di elettorato o se invece siano stati mossi da spinte emotive ragionate.

Ponendo una firma, di fatto compiono una scelta, quella di non riconoscere la libertà espressiva altrui. E come commentare il giudizio “cassazionista” di quel candidato che dice: “Non celebrerò mai un matrimonio gay”? Di fatto dimostra di non poter svolgere un buon lavoro come sindaco.

Un primo cittadino deve rispettare l’articolo tre della Costituzione (articolo non presente nel Patto sottoscritto), secondo il quale tutti i cittadini italiani sono uguali davanti alla legge. Le evoluzioni sociali non possono essere sottaciute e rimosse o peggio bocciate perché non in linea con le regole mentali canoniche.

Se diventassi sindaco celebrerei un matrimonio gay perché questo rientrerebbe nei miei doveri e perché me lo impone la legge. Rispettare la legge ma rispettare anche gli altri esseri umani.

Papa Francesco ha detto: chi sono io per giudicare?”

Marilena Sovrani

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